Intervista a Tecla Cattozzo, autrice del romanzo

 A volte corro lontano

Intervista di Luglio 2025

Quarta di copertina

Louisiana anni cinquanta. I ragazzi di una banda, le figlie di buona famiglia. Nel reticolo di incontri, coincidenze, avventure, sotterfugi, fitto come gli alberi nella palude sul fiume Mississippi, i ricordi dei ragazzi ormai cresciuti tornano a farsi vivi ad anni di distanza, in un altro stato, in un’altra vita, dopo un infausto incidente. La gioventù spezzata di Irma, Colin, Mike, Tess si rincontra adulta e niente sarà più come prima, eppure tutto tornerà a riallacciarsi: amicizie, giuramenti di appartenenza, ricerca della giustizia e fedeltà alla famiglia.

Nella giostra impazzita del caso, della tragedia della morte, dell’inspiegabile e del soprannaturale emergerà una via: la capacità di creare della scrittura, il potere del saper tramandare, raccontare la verità del passato per capire il presente, in un thriller di corse e rincorse che vuole lasciare aperta la speranza che avere il potere sullo svolgimento del futuro sia possibile e che nulla come i veri legami tra le persone possano reggere le fila di questa caotica, avventurosa e pericolosa vita.

Tecla Cattozzo vive e lavora in provincia di Lecco.  Dopo la maturità scientifica, ha conseguito la laurea in Scienze dei Beni Culturali. Da sempre è appassionata di libri, viaggi, sport e scrive fin da bambina.

Dopo Wilderness, uscito in edizione ebook nel 2017 e cartacea nel 2018, nel 2019 ha pubblicato il racconto breve Avventura Di Natale con Amazon kdp, nel 2020 il racconto Il segreto della Rocca per la raccolta Brianzoli per Sempre edita da Edizioni della Sera, e nel 2020 I Mellini Stanno Bene in doppia edizione con Amazon e con il Gruppo Editoriale Boré.

INTERVISTA A TECLA CATTOZZO

Tecla, ci racconti qualcosa di te? Quando hai capito che scrivere sarebbe stato qualcosa di più di una semplice passione? Quando hai iniziato?

Ho iniziato a scrivere quando ero molto piccola; leggevo tutto ciò che mi capitava a tiro e scrivevo storie d’avventura che spesso riguardavano risoluzione di misteri, amicizia e incontri con animali selvatici nella natura. Nel 2016 ho avuto un grave incidente sportivo che mi ha obbligata a stare ferma per molti mesi e ho riversato tutta la mia voglia di viaggiare, esplorare e fare sport nel romanzo Wilderness, dando vita a dei personaggi inquieti. I mellini stanno bene è uscito nel 2020, a seguito di un altro periodo di stop forzato, questa volta a causa della pandemia. Mi sono resa conto in quell’occasione che scrivere poteva aiutare sia me che i lettori a evadere da una realtà a volte troppo stretta e pesante. Amo profondamente la capacità curativa di un buon libro, il potere sfrenato dell’immaginazione e la catarsi che ne deriva.

Hai un percorso di studi nei Beni Culturali e una forte passione per libri, viaggi e sport. In che modo questi elementi influenzano la tua scrittura?

Gli studi in Beni Culturali e Antropologia Culturale incarnano la metafora della “soglia” sul mondo delle culture. Al Liceo ho avuto insegnanti che mi hanno fatto amare gli studi classici, l’arte, la letteratura, la filosofia e la storia, che si evolvono nelle maniere più avanguardiste ma allo stesso tempo distorte, per poi tornare sempre ai soliti pattern. All’università è diventato ancora più chiaro quanto sia fondamentale conoscere per capire, quanto culture diametralmente opposte siano affini e quanto il pensiero umano abbia spaziato attraverso le ere per arrivare dove siamo oggi. Bisogna conoscere il passato per capire il presente e, se possibile, per evitare il ripetersi degli stessi errori. Il viaggio, connesso con lo sport come esplorazione anche fisica dell’ambiente, è strettamente correlato a questo modo di studiare e esperire: è necessario immergersi a fondo in un ambiente diverso da quello da cui proveniamo per poterlo comprendere e arricchire noi stessi di un quid in più. Questa è una cosa che si può fare anche leggendo, poiché leggere apre una porta sulla magia dell’immaginazione e un bravo scrittore è colui che riesce a far viaggiare i suoi lettori dapprima senza che stacchino i piedi dal pavimento, poi facendo nascere in loro la voglia di vedere con i propri occhi.

Nel tempo hai sperimentato diversi generi e formati narrativi, dal racconto breve al romanzo. Come si è evoluto il tuo stile e il tuo approccio alla narrazione?

Spero si sia evoluto! Ho iniziato a scrivere da bambina poesie e piccole storie d’avventura e, mentre crescevo e leggevo i fondamentali Le avventure di Huckleberry Finn e di Tom Sawyer di Mark Twain, Bach, Dumas, Salgari, Antoine de Saint-Exupery, Peter Pan nei Giardini di Kensington di James Matthew Barrie, Agatha Christie, Steven King, J.K. Rowling, Jane Austen, Marquez, La luna delle renne di Elizabeth Marshall Thomas, Parlerò con la voce del vento di Elda Fossi, La morte sospesa di Joe Simpson, Educazione siberiana di Lilin, Eureka Street di Robert McLiam Wilson,…  alcuni libri -di cui forse da bambina non riuscivo a comprendere appieno il significato, come Il gabbiano Jonathan Livingston– hanno iniziato a diventare chiari. Alcuni miei racconti come Avventura Di Natale e Il segreto della Rocca sono in effetti rielaborazioni di storie d’infanzia, che da adulta ho ritrovato sotto una luce diversa. Quando ho iniziato a scrivere davvero ed è uscito Wilderness ero molto emozionale perché vivevo dell’inerzia del mio post incidente. Con I mellini la ricerca storica è stata molto più impegnativa e ora cerco di essere più narratrice e più adulta. Cerco anche di evitare la costruzione delle frasi tipica del retaggio brianzolo anche se non sempre ci riesco…

Con A volte corro lontano ci porti nella Louisiana degli anni Cinquanta. Cosa ti ha attratta di questo luogo e di questa epoca? Come hai lavorato per ricrearne l’atmosfera?

Vivo in un piccolo paese sul fiume Adda, circondato dal verde delle colline e dai boschi; per me la natura con le sue acque, la palude, gli animali selvatici è sempre stata una costante. Sin da bambini abbiamo passato interi pomeriggi in bicicletta lungo il sentiero che costeggia il fiume e tanti emozionanti ricordi alloggiano su quelle sponde. Dico che il lungo Adda è “la Louisiana de noialtri”, perché leggendo Twain, che è stato uno dei primi scrittori in cui mi sono imbattuta da piccola, e in seguito molti altri libri ambientati nel Sud degli Stati Uniti come Il buio oltre la siepe, Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop, Il miglio verde, Viaggio con Charley… ho sentito una connessione ancestrale con questo luogo e una profonda attrazione, come un richiamo. Mi piace pensare di poter condividere alcuni sentimenti con i suoi abitanti. Ho quindi fatto ricerca sull’intreccio di culture, di musiche, di leggende e di storie dimenticate e ho ambientato la mia storia nella Louisiana negli anni ’50 perché era, se possibile, un luogo ancora più magico e misterioso di quanto lo sia oggi.

Il romanzo intreccia avventura, mistero, memoria e persino il soprannaturale. Come sei riuscita a far convivere questi elementi così diversi in un’unica storia? C’era un messaggio o un’emozione particolare che volevi comunicare?

Far convivere queste cose è stato difficile ma fondamentale: volevo che rimanesse insito il dubbio che una storia vera possa avere degli aspetti inspiegabili e che alcune coincidenze possano destabilizzare la razionalità e pendere verso il soprannaturale, che uno scrittore abbia il potere di fare e disfare la storia solo con l’utilizzo della sua penna e di quanto la scrittura sia il mezzo più magico in nostro possesso. Voglio credere che non tutto sia riconducibile alla mera esperienza o al concreto, ma che fili invisibili colleghino persone e avvenimenti anche attraverso i luoghi lontani e tempi differenti. Dopotutto, le connessioni spazio-tempo e il cicli e ricicli della storia si verificano senza il nostro singolo consapevole potere decisionale.

I protagonisti si ritrovano da adulti per affrontare il passato e fare luce su un evento tragico. Quanto è importante per te il tema del ricordo e della riconciliazione nella vita e nella scrittura?

Moltissimo. L’amicizia e i legami tra gli esseri umani sono un tema fondamentale nei miei libri, perché solo grazie a questi si riescono ad affrontare gli intoppi che la vita ci pone davanti; com’è stato per me dopo l’incidente da cui è nato Wilderness, il mio primo romanzo, grazie alle belle persone di cui ero circondata. Scrivere di sentimenti irrisolti e di subbugli interiori, dando spazio al tema del rimpianto, del rimorso, della colpa, della cattiveria, della circuizione e dell’abuso, della violenza, mi ha dato modo di poter scandagliare l’animo umano per vederne anche le parti migliori, che spesso emergono nei momenti di vera difficoltà e che a volte riescono a stagliarsi sole difronte a una tempesta e a contrastarla.

Nel libro si parla del potere della narrazione come mezzo per dare un senso al caos della vita. Quanto credi che scrivere (e leggere) possa davvero aiutare a capire il presente?

Molto. Leggere è una porta sulla conoscenza del mondo e il processo creativo è una crescita che porta a una migliore conoscenza di sé stessi. Studiare è comprendere, scrivere è un’esperienza arricchente per lo scrittore e deve far viaggiare il lettore verso tutti gli scenari possibili, è un veicolo di conoscenza. L’immaginazione, intesa come capacità di trovarsi liminalmente tra sogno e veglia, è forse la miglior capacità dell’uomo, perché non ha limiti e, se coltivata, può portare a manipolare ogni forma di realtà. Leggo tanto da sempre, ho cercato di non perdermi i grandi classici e il genere avventuroso-thriller-fantastico rimane il mio preferito. Se ami la formazione classica data da Liceo Scientifico e da Beni Culturali non puoi che portare con te le ere della storia e poeti e scrittori epici, farti fortemente influenzare dal linguaggio metaforico e allusivo e coltivare una certa propensione a concetti metafisici e filosofici dell’esperienza del mondo. Allo stesso modo la musica è terribilmente funzionale e necessaria, poiché la parola scritta resta una comunicazione unidirezionale, mentre la musica spazia, è inclusiva. “La musica va frequentata” ha detto Corrado Augias al Salone del libro di Torino a cui ho partecipato quest’anno.

Stai già lavorando a un nuovo progetto? Puoi anticiparci qualcosa sulle prossime “corse lontane” della tua immaginazione?

Questo filone narrativo mi intriga molto e potrei continuare con un sequel nella vita di questi bizzarri personaggi… o semplicemente le avventure si dipaneranno nella vita di qualcun altro, in un altro momento, in un luogo diverso, perché nonostante apparteniamo a culture diverse tendiamo a ricondurre in senso antropologico tutte le esperienze agli stessi paradigmi. Sul taccuino digitale che porto sempre con me ci sono già molte pagine, ma per ora ancora un po’ sfocate.

Ufficio Stampa AutoriItaliani.it

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